Libro_Bianco_su_Bianco

Due, sette, sette: “Io ho fiducia”

in Accadimenti di

Una palla bianca schizza in rete, gira tra piedi ignoti che schiacciano un campo di cemento avvolto dalla nebbia, si fa preda di ragazzi in corsa verso la porta, in fuga sulle fasce, in fuga da paesi lontani. A guardare giocare questi richiedenti asilo in un pomeriggio di dicembre a Chiasso, capisci che per dare forma a un tempo e a un futuro incerto, c’è da vivere l’istante, altrimenti impazzisci. Insomma, rincorrere una palla bianca per buttarsi dentro e sorridere, nonostante tutto. Loro lo fanno, nonostante quel tutto che resta.

Ragazzi partiti male nella vita, che rincorrono la vita migliore. C’è chi ce la fa, c’è chi non ce la fa. “Ruggero ce la farà, ma non è sempre così”, sussurra Daniele Finzi Pasca a qualche centinaio di metri di distanza dal campetto. Al Cinema Teatro oggi, 13 dicembre, si presenta il libro del regista, attore e coreografo svizzero, “Bianco su Bianco”. La storia di Ruggero, un bambino partito male nella vita, con un papà violento e ubriacone, a cui non era concesso sorridere e che colora di viola i lividi delle botte ricevute. “Il viola è legato alla mia infanzia – ricorda Finzi Pasca. Da bambino a causa di un fungo, sulla mia pelle comparvero queste macchie e il dottore suggerì a mia madre di colorarle con una sostanza viola. Un giorno in palestra, ci dissero di togliere i vestiti. Purtroppo non potei evitarlo e quando lo feci, 100 ragazzi guardarono il mio corpo colorato di viola. L’imbarazzo fu grande, forse è stato poi per questo che ho scelto di fare il clown”. Spine d’infanzia e adolescenza in un luogo del Ticino che diventa luogo universale, come è universale lo spettacolo omonimo ispirato al libro e finora visto da 22’000 persone in 30 città, in 5 lingue.

Un racconto costruito attraverso frammenti di vita reale, che prendono vie di fuga immaginate e che il giornalista e scrittore Sergio Roic, moderatore dell’incontro, definisce letteratura della carezza. Carezza come il teatro di Daniele Finzi Pasca, carezza come la pioggia che lava le paure, carezza che Ruggero incontra nell’affetto di un nuovo papà-allenatore, nell’amore di Elena, nelle sue corse verso l’immaginazione. “Mi trovavo in Messico – sorride l’attore – e un professore universitario mi spiegò che se avessi preso il bus numero 15 da Tijuana, sarei potuto anche sparire. Anche a San Siro c’è un bus che se gira e gira in una giornata di nebbia, rischia di sparire. E in Ticino si sa che se ti siedi su certi posti sulla funivia di Monte Lema, sparisci in India o nel Tibet. Ecco, anche Ruggero preferisce queste corse per sparire un po’, come quelle sul trenino per Ponte Tresa in un giorno di pioggia, a guardare persone che si perdono e si bagnano, ascoltare musicisti impegnati a cercare la musica giusta, oppure incontrare un ippopotamo, un mostro. Questa è la parte vera del racconto, tutto il resto è finzione”.

Ruggero cresce senza mai sorridere, con un mazzo di chiavi grandissimo, magari per aprire porte a lui ancora sconosciute. Poi un giorno incontra l’amore e così a un tratto dice qualcosa che lo stupisce per averla detta, qualcosa che esce come la bellezza che è dentro di noi e spara un due, due, sette improvviso: “Io ho fiducia” e il sorriso. Un istante e Ruggero scopre Ruggero. Bianco su Bianco, momenti unici, istanti che non possono essere impressi ma solo vissuti, ogni attimo, ogni momento, nonostante tutto. “Come il gesto dell’attore che non è mai uguale, non è ripetibile come lo è stato prima, ma vive nel presente – esulta Finzi Pasca”. Dare forma e senso al tempo nell’istante, come quella palla bianca che gira tra i piedi in corsa su un campetto a poche centinaia di metri di distanza.

E se un colpo di vento o un dubbio costringono Ruggero ed Elena a un vortice angosciante in ospedale, è meglio guardare il mostro. “Se un giorno incontrate l’ippopotamo, aprite quella bocca, aprite il mostro e cadete dentro per conoscerlo, per stupirvi”.

Magari scopriremo che non esiste.

Salvatore Medici

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