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Istantanee

E un lunedì fu l’armonia

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E un lunedì fu l’armonia

di ritorni e mai più ombre,

di calma sorpresa nei gialli lampioni di una stazione.

E fu la passione, premere su due vite incerte

gli  occhi, respirare in altri occhi

il dolce peso dell’infinito posarsi su sensi tremanti.

E fu l’avvolgersi nell’aria calda, a braccia strette

sentire ti amo nel tuo corpo, pronunciarne mille nella mia bocca muta.

e trattenere una nuvola colma, leggera

che nel silenzio del sonno e del ricordo riempie e fugge via.

Sogno

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SOGNO, leggero, spontaneo il volare, nei sensi il senso, l’amore ritrovato, un amore nuovo, giorni futuri di lieve andare, il mare il sole il vento, che non c’è, che c’è, ingannatore, ideale, passato, da immaginare in due, da spingere assieme, cene di mani che si guardano, occhi quotidiani, o me o vita, fuggente l’attimo, il fior fiorito, nei sensi l’emozione, di colori e passione, di volontà e sorrisi, braccia impetuose del coraggio, calma di pace fatta, il luogo segreto nel tempo che resta, in una notte di mezza estate.

L’agosto a metà

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È arrivato l’agosto rovente, i giorni in cui gli emigrati ritrovano casa e smettono di essere nomadi, ritornando se stessi. I giorni in cui si liberano degli adattamenti mediamente accettati, se ne liberano spesso con eccessiva euforia, con la sfacciataggine di chi pensa di avercela fatta.

Per un mese, solo! Poi la ritirata in terre straniere, né patria né casa, inseguendo la soluzione di una vita e la dignità di uno stare al mondo. E in pancia il dolore e la felicità, eternamente a metà.

L’amaritudine della perdenza

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Baci e abbracci persi o non concessi, carichi di travolgenti, pericolose conseguenze, che menti educate misurano o seppelliscono;

Tempi e giorni infiniti, mai riempiti  o conosciuti, gravidi di paure future, immaginate nello stomaco, asfissianti nella testa, lancinanti nella bocca;

Terre nuove, prive di scoperta e di passi calpestati, terre ignote da freddare la pelle, così popolate da accendere le solitudini;

Lavori asfissianti, smorzati di creatività, smembranti per l’incertezza di domani;

Volontà negate e slanci abortiti  nella pancia, schiacciati in un mondo di mezzo consumato, in una perdenza di vita che è parvenza senza forma, impeto fiorito senza odore.

Il segno, è il segno

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Il segno, è il segno

Per combattere le cattive intenzioni e i progetti malefici che ogni giorno e ripetutamente si presentano in terre considerate (erroneamente e con grande ignoranza) povere, senza stimoli, senza risorse, non è indispensabile utilizzare la negazione NO. Piuttosto servono parole diverse, nuove e vecchie, propositive e ricche di spirito e forza, che possano, una dopo l’altra, costituire una narrazione del bello, del ritmo, dell’irrazionale intrinseco e di quel senso inconscio che appartiene a chi in queste terre è nato…

I coppoloni

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I coppoloni

Sala da 400 posti, sei del pomeriggio, solo poche persone per la prima de Nel Paese dei Coppoloni. Una ventina tra cui due famiglie di Calitri, padre madre e tanti figli, gente che lavora qui al nord e che si rivede dopo tanto tempo. Parlano di gente che appartiene, con l’entusiasmo della riconoscenza, il figlio di, il padre di, la ragazza che…E poi poco prima dell’inizio del film di Vinicio Capossela, i due padri di 55 anni parlano tra loro, “ma allora tu che fai, hai deciso, resti qua definitivamente o te ne torni? e l’altro ” i figli sono grandi e dove vai più, si scende, quando si può”. A 55 anni…queste domande. Poi si rivolgono a me, ma lei di dov’è, di Calitri pure lei? No, dico, provincia di Salerno, e le donne “ahaaa volevo dire, è là vicino”. Il film, mitologia di posti abbandonati, il sacro che c’è nelle cose dove lo sguardo dell’uomo non posa, le strade e le case strette, i boschi, le luci soffuse dei centri storici, l’algìa del non ritorno, ritrovarsi in cantina, dal barbiere, in una casa a cantare, tra vino, formaggio e chiacchiere, la vita! E poi i suoni, gli sposalizi e la mietitura cose che non ci sono più, come gli uomini che guardano e apprezzano le donne, e la banda della posta che quando passa, la gente chiude le finestre perché ora vogliono la modernità.
E chi torna si chiede perché poi dovrebbe, non è mica possibile vivere all’ombra di un orologio fermatosi nel 1980, tra porte sempre chiuse e la melanconia.
Ma la notte è bella anche sola sola e il suono dell’acqua delle fontane fa compagnia.

Che strano!

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Che strano!

Parlava di cose che una volta credevo fondamentali e che ora mi sembravano strane. E pensavo come era strano che ora quelle cose che solo un paio di anni fa ritenevo importanti, mi apparissero così strane. Parlava e si riferiva a parole come “performance, risultati, obiettivi, aggiornamenti”, e mentre parlava e io pensavo a come erano strane quelle parole, pensavo anche che invecchiare è bello, perché vuoi vivere e sentire. Pensare che invecchiare è bello, perché vuoi vivere. Che strano. E allora mi son sentito veramente strano e ho iniziato a fare cose mai fatte fino a quel momento, perché volevo vivere, invecchiare sì ma vivere.

Pulito relativo

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Pulito relativo

Come era stato dirompente l’arrivo in quella nuova terra, nel bene e nel male. Pulita. Anzi troppo pulita, quasi a lavare le coscienze e la vita stessa di tutti i fronzoli, le storture, le variazioni e l’irregolare che fanno della vita, la vita stessa. E con case ovunque sui monti. Abusivismo edilizio? Chissà, tutto è relativo. Al Sud, l’abusivismo è nel piano. E le case sono sempre in attesa di essere concluse, a volte lo scheletro è evidente, altre volte manca l’intonaco o il colore, ma si attende la fine, e nell’attesa si vive tra l’ansia e la felicità. Ma quell’arrivo valeva la pena viverlo assaporando ogni cosa, ogni sentimento, ogni novità.

Che ti strazia il cuore

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Che ti strazia il cuore

Vite che si inceppano su errori del passato, sogni stracciati da confini stranieri, tentativi coraggiosi stravolti dal destino, volontà totali divorate dalla furbizia, calore raffreddato da labile psiche, rimorsi inviolabili. Adesso non c’è nulla. Più nulla, mi dicono, in questa sera di luna piena, davanti a un cielo stellato che riflette le Alpi innevate. In una sera come questa, che sola a vederla ti strazia il cuore di bellezza e fa pensare avanti, qualcosa c’è, c’è sempre qualcosa.

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