La Terra mi tiene

Criscìti Criscìti

in Storie di

Non è una sagra, non è un evento, non è un appuntamento. No! È tenersi assieme, nonostante tutto, il bello e il brutto, i dissapori, i disaccordi, le strategie incerte, l’evocazione romantica. È tenersi assieme su un Appennino, su un “pennino” che qui vuol dire salita, che quando piove ti scivolano il piede e l’anima e la pietra è dura, rozza e fredda  solo a guardarla. Aggrapparsi gli uni agli altri, la terra ci tiene alti, la terra ci tiene assieme e tra i forni si grida Criscìti Criscìti. “La Terra mi tiene” è ad Atena Lucana. Da qualche anno.

Stefano Ventura vorrebbe dirla qualcosa su quel verso di Rocco Scotellaro ma Ivan Di Palma e gli altri organizzatori sono troppo impegnati a impastare, trasportare, preparare, discutere. Donne, uomini, ragazzi, anziani questa mattina nella sagrestia del Santuario di San Ciro stanno ancora una volta impastando il pane, dopo aver mescolato ieri il lievito madre, l’acqua e i grani antichi della janculidda, la carusedda, la risciola , ‘a cappella e ‘a saraodda. Fare insieme, panificare in comunità, mani callose che si toccano e si intrecciano, affondano, penetrano e si appiccicano in quella pasta elastica, pronta a crescere, a profumare. Così uno dopo l’altro gli impasti, avvolti nelle coperte, vengono portati nei forni accesi e mentre si va, qualcuno accenna a una tammurriata e a un ballo di sole donne in attesa del pranzo. Tredici sono i forni aperti nel centro storico. In ognuno di essi famiglie, gruppi, associazioni, gente rurale ha scelto di panificare. Anche Antonio si affretta a mescolare, è arrivato solo ora, ha fatto tardi la notte scorsa e ha un agriturismo, una Villa delle Acacie da portare avanti. Ivan organizza un ultimo impasto con tutti i lieviti dei partecipanti e i grani che hanno portato: è l’impasto collettivo.

Fare il pane, un atto rivoluzionario e con il pane si mangia, attorno alle tavolate imbandite di baccalà e patate, formaggi, salumi e vino, tutti a parlare, a presentarsi, a conoscersi sotto lo sguardo di Valentina Risi. Ci sono gli amici di Andria e di Foggia, quelli di Napoli del centro di riabilitazione psico-sociale Lavori in corso, i cui utenti producono, con la carusedda e la saragolla, la birra  artigianale Antesaecula. Ci sono quelli della Farina di Vincenzo di Eboli, i ragazzi di Parabita e Lecce, c’è l’attivissimo Angelo di Tempa del Fico di Pruno di Laurino, Antonio di Terra di Resilienza e Campdigrano di Caselle in Pittari e tutti gli altri della Cumparete, c’è Michele Bosconauta del Rural Hub di Calvanico e gli amici di Sapri, ci sono le condotte Slow Food del Cilento e c’è Rosa Barbato di Luna Calante e Alta Quota Trekking che prima o poi dovrà sfogarsi con chi sa lei.  C’è Simone Valitutto che con la mamma e Gennaro oggi fa il pane pure lui, e poi gli amici dell’Arci Bandiera Bianca di Contursi e Francesco dei No Petrolio e le ragazze di Cilento Scetate, e chissà quanti altri ancora. Forse l’anno prossimo ci saranno anche i Briganti di Monte San Giacomo e Filippo di San Rufo e i mulini a pietra che intanto nasceranno.

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Si parla, si discute mangiando, ma è ora di fare il pane. Tutti ai forni, tredici forni attivi, la gente sotto la pioggia va in giro ad assaporarli. Tutto il pomeriggio Criscìti Criscìti. Nei forni si attende lenti, una giuria passerà per assaggiare, il fuoco riscalda la pioggia. Su questo Appennino che non si smentisce, in salita bisogna aggrapparsi agli altri per condividere e formare una comunità, in compagnia bisogna restarci, tenersi, tornare e mangiare il pane collettivo, quello che alla fine ha vinto, premiando tutti.

Voglio aria la sera e consumazione di vino e castagne in compagnia, perché ognuno conta una storia e insieme viene l’armonia“. (Rocco Scotellaro)

SALVATORE MEDICI

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